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Se vuoi difendere l’occupazione, promuovi la transizione ecologica

Ogni volta che nel dibattito politico si provano a portare avanti anche le ragioni dell’ambiente ci si trova davanti alle stesse stantie argomentazioni. A partire da questo contributo proveremo a smontare uno ad uno i luoghi comuni più diffusi.

Un classico argomento è quello che vorrebbe la questione ambientale e quella del lavoro in conflitto tra loro. Se si tutela l’ambiente si perdono posti di lavoro, se si vogliono mantenere posti di lavoro dobbiamo lasciare da parte le tutele ambientali.

Lo abbiamo sentito utilizzare troppe volte. Solo per citare due casi recenti ricordiamo la tragica questione dell’ILVA di Taranto o quella meno nota ma altrettanto clamorosa della centrale di Vado Ligure.

E puntuali, tra le motivazioni che hanno portato all’approvazione dello Sblocca Italia ci sono quelle occupazionali. Come ad esempio nel caso della promozione dello sfruttamento delle risorse fossili. Nessuno nega che la realizzazione di un pozzo petrolifero o di un giacimento di gas possano portare anche qualche beneficio occupazionale. Peccato però che gli studi disponibili siano realizzati dalla Fondazione Eni Enrico Mattei, istituzione prestigiosa ma certo non al riparo da possibili conflitti di interesse.

Certo non è semplice tenere conto delle molte variabili in gioco, ma in tanti hanno provato a stimare le ricadute occupazionali di diversi investimenti nella fornitura di energia. Recentemente lo UK Energy Research Centre, un istituto di ricerca indipendente ma finanziato dal governo inglese, ha cercato di fare un po’ di chiarezza. Sono stati analizzati circa 50 studi diversi pubblicati da diversi gruppi di ricerca negli ultimi 15 anni. Questi lavori analizzano situazioni molto eterogenee in Europa, Cina e USA. Considerando le filiere di produzione di elettricità a parità di energia prodotta i risultati dicono che quando un gigawattora viene prodotto da gas e carbone si creano tra 0,1 e 0,2 posti di lavoro. Se la produzione avviene con il vento i posti di lavoro creati sono tra 0.05 e 0.5. Quando la produzione avviene con l’energia solare i posti di lavoro aumentano fino a 0.4-1.1.

Grafico elaborato da dati UK Energy Research Centre, 2014

Se poi consideriamo che (come spesso si dice) l’energia più pulita è quella che non si consuma, possiamo valutare anche le ricadute occupazionali dell’efficienza energetica. Cioè quanti posti di lavorano si creano per sviluppare, produrre e installare le tecnologie che ci consentono di ridurre i consumi elettrici: il risultato è compreso tra 0,3 e 1,0 posti di lavoro per ogni gigawattora risparmiato.

In pratica, non si produce poi così tanto lavoro con le fonti fossili: le fonti rinnovabili e l’efficienza energetica generano fino a 10 volte più posti di lavoro per ogni GWh prodotto o risparmiato. Per non parlare della qualità di lavoro generato nei due casi.

O del fatto che solo l’efficienza energetica e lo sviluppo delle rinnovabili ci consentirà di raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni che ci siamo dati come paese membro dell’Unione Europea. Del resto non siamo certo noi i primi a dire che “Sui cambiamenti climatici non c’è più tempo da perdere“.

Published inCiviltà solare

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