Giovanni Lo Porto è stato rapito tre anni fa.
Giovanni Lo Porto è un uomo, ormai quarantenne. Fa il cooperante. È un lavoratore della cooperazione internazionale, come tanti miei amici e tanti che ho incontrato in questi anni. Un professionista, cioè una persona perfettamente in grado di valutare il contesto in cui andava ad operare.
Era arrivato in Pakistan per lavorare con una grande organizzazione non governativa tedesca. Una di quelle organizzazioni che ha realizzato 7000 progetti in 50 anni, spendendo l’equivalente di due miliardi e mezzo di euro.
Il progetto a cui avrebbe dovuto lavorare era finanziato dai fondi della cooperazione internazionale dell’Unione Europea.
Con lui fu rapito un suo collega tedesco Bernd Muehlenbeck che è stato rilasciato nell’ottobre 2014.
Non ci sono motivi per parlare di Lo Porto e (a parte Luca Martinelli) solo qualche giornale si ricorda di lui in occasione degli anniversari.
Non si può sfogare la rabbia contro di lui.
È uomo. È esperto. Non era in una zona particolarmente pericolosa, lontano da Afghanistan e dal Kashmir.
Era andato con una grande organizzazione di un grande paese occidentale, europeo.
E con tutta probabilità i tedeschi hanno pagato un riscatto per liberare Muehlenbeck (per una volta avrebbero fatto quello di cui spesso si accusano gli italiani).
Tutto questo per dire che per una volta non sono d’accordo con Hamilton Santià.
La storia di Greta e Vanessa è la classica storia che conferma ciascuno nelle sue opinioni. Il pacifista di sinistra, il rivoluzionario da tastiera, il leghista becero, il fascista misogino.
Poi magari per qualcuno di noi alcune di queste identità sono difficilmente comprensibili, non ci riusciamo a mettere nei loro panni. Ma esistono, sono là fuori, nei bar di mezza Italia: li conosco solo io? Perché dovrebbero perdere l’occasione di attaccare delle ragazze giovani (e quindi considerabili inesperte) che anziché starsene a casa vanno ad aiutare dei guerriglieri islamici?
Perché dovrebbero fare distinguo, informarsi, ragionare, quando quello che appare a prima vista li conferma totalmente nei loro pregiudizi?
La storia di Giovanni Lo Porto invece mette tutti in discussione perché quello che è capitato a lui poteva capitare a (quasi) tutti. È una storia che ci fa inevitabilmente paura.
È una storia che non possiamo usare per attaccare nessuno. Non possiamo usarla per farci belli su Facebook.
Ed è per questo che nessuno ne parla.
quando questo post fu pubblicato su Facebook (a metà gennaio 2015)
Giovanni Lo Porto era già morto,
ucciso da un bombardamento portato a termine da un drone americano
nella città pakistana di Multan, dove era stato rapito tre anni prima
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