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L’approvazione delle unioni civili passa da Sanremo

Da sempre il festival di Sanremo è il termometro di cosa è normale e di cosa è trasgressione in Italia.
Da sempre il Festival di Sanremo è la capitale del gender, dal look androgino di una minorenne Anna Oxa nel 1978 alla maternità surrogata nel pancione di plastica esibito da Loredana Berté nel 1986.
E, dopo decenni in cui anche gli uomini gay dovevano cantare amori eterosessuali (a volte in duetto con una donna), ormai da lungo tempo l’omosessualità è protagonista sul palco. Nel 1996 Federico Salvatore con “Sulla porta” cantò di un difficile coming out tra un uomo e sua madre ma senza poter dire la parola “omosessuale” fino alla disobbedienza in diretta nella serata finale. Nello stesso anno Umberto Bindi tornò sul palco dove nel 1961 aveva cantato e dove iniziò a subire la discriminazione di colleghi e critici “Parlavano solo del mio anello al dito mignolo e, dunque, solo pettegolezzi e malignità, cattiverie e infamie. Della mia canzone non fregava niente a nessuno. Volevano solo sapere se ero finocchio”.
Nel 2009 Povia si poteva ancora permettere di cantare che “Luca era gay, ma adesso sta con lei”, ma poi vennero la vittoria del premio della critica di Renzo Rubino nel 2013 (“Amami uomo con le mani da uomo e toccami fiero con un soffio leggero”) e la confessione di Platinette nel 2015 con Grazia Di Michele.
Oggi però non sono più gli omosessuali a doversi esporre, sono gli eterosessuali a esibire i nastri arcobaleno come silenziosa ma rumorosissima adesione al movimento che chiede l’allargamento dei diritti per tutti.
Questa è la nuova normalità, che non ha bisogno di gridare o di fare scandalo. Persino Morgan e i Bluvertigo nell’introduzione della serata rivendicano il loro essere “normali”.
E se l’ospite d’onore Elton John (che ieri sembrava l’imitazione di Maurizio Crozza Official) accenna brevemente alla sua paternità, il lavoro sporco lo fa Virginia Raffaele attaccando lancia in resta (“Finalmente arriva Elton John, così se mettemo l’anima in pace noi e Giovanardi. Che poi, è un uomo sposato con prole, come te. Solo che tu sei di colore e tuo figlio è bianco”).
La regina della nuova normalità non poteva che essere Laura Pausini, che torna sul palco di Sanremo ventidue anni dopo l’ultima volta. Laura Pausini, disobbediente civile dei nostri giorni che dice di non volersi sposare finché gli omosessuali non potranno avere lo stesso diritto e dichiara “Il Paese trova scuse per non diventare moderno” dalle pagine dei grandi rotocalchi di gossip nazionali, quelli che incidono sull’immaginario collettivo della pancia del paese.
Laura Pausini è stata ieri la protagonista del picco di ascolti (oltre 15 milioni di contatti) facendo salire lo share del 5%. E oggi si scambia ringraziamenti e affetto con Monica Cirinnà proprio qui, su Facebook
Nel paese reale i matrimoni omosessuali sono ormai la nuova normalità. Chissà se finalmente l’aula sorda e grigia che ne dibatte in questi giorni sarà in grado di ascoltare

scritto per #CriticalPop

Published inSanremo

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