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Che cos’è la transizione ecologica? Che interessi in gioco, chi sono gli attori?

Da qualche tempo la necessaria e urgente transizione ecologica è finalmente argomento di discussione quotidiana anche nel nostro Paese. Sono stati soprattutto i movimenti giovanili che, lottando per il loro diritto a una vita dignitosa, hanno costretto i governi di tutto il mondo a fare i conti con la realtà. Del resto nella storia molte conquiste sono state ottenute quando le lotte sono state portate avanti in prima persona da chi ne aveva più titolo. È successo con i movimenti operai fin dall’800, con quelli per i diritti civili, con quelli femministi. Sono infatti i giovani quelli che hanno più da perdere dall’inazione delle attuali classi dirigenti e sono i giovani quelli che possono vincere la battaglia.

I principali passaggi politici di questa nuova consapevolezza nel nostro caso hanno una dimensione “comunitaria”. In seguito ai risultati delle elezioni europee del 2019 -infatti- si è costituita una nuova Commissione Europea che ha collocato la questione climatica e ambientale al centro del proprio programma, lanciando lo European Green Deal, una cornice dove si prova a definire una “nuova strategia di crescita mirata a trasformare l’UE in una società giusta e prospera, dotata di un’economia moderna, efficiente sotto il profilo delle risorse e competitiva che nel 2050 non genererà emissioni nette di gas a effetto serra e in cui la crescita economica sarà dissociata dall’uso delle risorse.”

Questo quadro ideale, ammesso che sia possibile, troverà presto pratica attuazione nella legge europea per il clima, in corso di definizione dopo che la Commissione e il Consiglio (cioè i capi di stato dei Paesi membri) hanno trovato un accordo per un obiettivo di riduzione delle emissioni climalteranti del 55% entro il 2030.

Ma il primo passo concreto in questa direzione avviene attraverso il Piano per la ripresa dell’Europa e in particolare il NextGenerationEU, uno strumento temporaneo da 750 miliardi di euro, ideato per contribuire a riparare i danni economici e sociali immediati causati dalla pandemia. Il fulcro di NextGenerationEU è il dispositivo per la ripresa e la resilienza (il Recovery and Resilience Facility ) che metterà a disposizione 672,5 miliardi di euro di prestiti (360 miliardi) e sovvenzioni (312,5 miliardi) per sostenere le riforme e gli investimenti effettuati dagli Stati membri. Ogni Stato membro dovrà dedicare almeno il 37% dei fondi a interventi efficaci sulle questioni climatiche e almeno il 20% alla transizione digitale.

In questo contesto il nostro Paese, dotandosi di un nuovo governo dopo il Conte II, ha deciso di introdurre un Ministero per l’Innovazione Tecnologica e Transizione Digitale e un Ministero della Transizione Ecologica. Quest’ultimo già presente, ad esempio, in Francia e Spagna. Nel caso italiano la scelta è stata al ribasso, integrando alle competenze del precedente Ministero dell’Ambiente solo quelle riguardanti l’energia (in passato di responsabilità del Ministero per lo Sviluppo Economico). Si pensi ad esempio che il Ministère de la Transition écologique francese include anche le deleghe sui trasporti e sui lavori pubblici.

Questo esito dipende ovviamente dal fatto che si possa dare un significato diverso al concetto di transizione ecologica: in questo volume proviamo a dare il nostro. La nostra bussola è comunque la stessa proposta dai movimenti giovanili di questi anni: “Listen to the scientists”, come non smette di ricordare Greta Thunberg in ogni occasione. Ma cosa dicono le scienziate e gli scienziati?

Gli scienziati naturali da tempo sono sostanzialmente unanimi nel metterci in guardia su due parallele emergenze: la crisi climatica e la drammatica perdita di biodiversità a cui assistiamo con la cosiddetta “sesta estinzione di massa”. In entrambi i fenomeni le responsabilità umane sono indubbie ed evidenti.

In tempi più recenti gli scienziati sociali si stanno sempre più mobilitando attorno ad un’altra parallela drammatica emergenza: la crescente disuguaglianza, in un mondo dove ricchezze e redditi prendono sempre più le stesse strade grazie a un approccio che dagli anni 80 ha dominato le decisioni politiche dei governi di tutto il mondo favorendo patrimoni e rendite a scapito di ambiente e lavoratori. Una vera e proprio monocultura, foriera di gravi conseguenze.

La crisi climatica e ambientale e la crisi di disuguaglianza possono amplificarsi a vicenda.

Il cambiamento climatico infatti introduce gravi disuguaglianze, anche tra generazioni. Gli effetti sul clima sono già evidenti oggi ma diventeranno più significativi col passare del tempo. Ma una seconda faglia importante di disuguaglianza è quella tra diversi Paesi. Nazioni che hanno una minima responsabilità in termini di emissioni climalteranti rischiano di scomparire a causa dell’innalzamento dei mari o della desertificazione. I maggiori emettitori avranno invece la possibilità di pagarsi una via d’uscita. Ma anche all’interno degli stessi Paesi gli effetti del cambiamento climatico non peseranno su tutti allo stesso modo: secondo Oxfam il 10% di popolazione più ricca è responsabile del 50% di emissioni, il 50% più povero è responsabile del 10% delle emissioni. Non è difficile capire chi se la passerà meglio in un mondo più caldo.

Allo stesso modo però, le soluzioni alle diverse crisi possono essere più efficaci se pensate in maniera integrata, se rispondono contemporaneamente a esigenze apparentemente distanti. Ad esempio una carbon tax che pesi sui combustibili fossili e che possa poi essere ridistribuita ai ceti meno abbienti; un programma di edilizia pubblica che promuova case e scuole in classe A per tutti, a cominciare dai ceti più deboli; progetti di riqualificazione urbana che piantino alberi e prevedano corpi d’acqua nei quartieri popolari, riducendo il surriscaldamento estivo senza pesare sui consumi energetici. Abbiamo bisogno di pensare ed agire in maniera sistemica: in quest’ottica, più che un singolo ministero della transizione ecologica servirebbe una strategia di governo coerente, anche al di là dei possibili cambi di maggioranza parlamentare.

La transizione ecologica comporta un cambiamento profondo e permanente della nostra società.

Tutto è in discussione: dove abitiamo, che cosa e come lo produciamo, quanto e come ci spostiamo, che cosa e quanto mangiamo, persino il nostro linguaggio e il modo in cui prendiamo decisioni collettivamente. La sfida è su almeno quattro piani: quello strettamente tecnologico, quello politico, quello dell’economia (reale e finanziaria), oltre che, ovviamente, quello delle scelte e dei comportamenti personali. La soluzione non può infatti essere puramente tecnologica: continuare a consumare tutto indiscriminatamente anche con tecnologie efficienti e rinnovabili ci porterebbe comunque a confrontarci con i limiti fisici del pianeta. Allo stesso tempo non può essere puramente politica: non esiste un dittatore saggio, onnisciente e onnipotente in grado di imporre i cambiamenti necessari se non sono al contempo desiderati dalle persone. E non possono essere le aziende e gli istituti finanziari a farsi carico del cambiamento se il sistema complessivo li dovesse penalizzare per le loro scelte virtuose.

Se davvero vogliamo una società capace di futuro, serve il contributo di tutti. E serve in fretta: il tempo sta scadendo e le opportunità che si sono aperte negli ultimi mesi non si ripresenteranno facilmente. Abbiamo bisogno di un disperato realismo e di un ostinato ottimismo.

È proprio quello che abbiamo chiesto agli oltre trenta autrici e autori coinvolti in questo ambizioso progetto editoriale.

Contributo per il volume Che cos’è la transizione ecologica disponibile in cartaceo e in formato epub sul sito di Altreconomia, nelle botteghe del commercio equo e solidale e nelle librerie

Con i contributi di: • Davide Agazzi • Veronica Aneris • Andrea Baranes • Agnese Bertello • Riccardo Bocci • Marco Borgarello • Paolo Cacciari • Giovanni Carrosio • Stefano Caserini • Annalisa Corrado • Elena De Luca • Marco Deriu • Antonia De Vita • Anna Donati • Francesca Forno • Francesco Gesualdi • Elisa Giannelli • Giacomo Grassi • Simone Maggiore • Roberto Mancini • Fabio Monforti • Paolo Pileri • Anna Realini • Rinascimento Green • Davide Sabbadin • Caterina Sarfatti • Annalisa Savaresi • Chiara Soletti • Antonio Tricarico • Mauro Van Aken • Alessandro Volpi

La copertina è di Commando Jugendstil

Published inCiviltà solaredisuguaglianze

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